Lettera del Direttore febbraio 2022 – “Quali ceneri?”
Cari ragazzi, cari genitori, cari professori,
ho appena attraversato una grande piazza dove il vento ha accumulato piccoli mucchietti di coriandoli, e – come direbbero i più giovani – mi si è sbloccato un ricordo, anzi più di uno in realtà!
Stavo terminando la quarta elementare quando, una sera, la mia attenzione fu catturata da un uomo che a Pechino attraversava anche lui una grande piazza, ma invasa da carri armati, a cui blocca la strada col proprio corpo. Non sapevo nulla di quegli eventi, ma avevo capito che quell’uomo era un coraggioso. Uno sconosciuto coraggioso. Da quel giorno in poi, tantissimi fatti di cronaca italiana e mondiale si sono intrecciati con la mia storia e le mie scelte (viaggi, studi, amicizie…). Ricordo, come una carrellata cinematografica, migliaia di tedeschi in piedi sopra un muro rudimentale, un signore di Mosca con una macchia rossa sulla nuca, un movimento nato da alcuni operai dei cantieri di Danzica, i porti di Otranto e Brindisi che accoglievano navi cariche di famiglie albanesi in fuga, i lampi verdastri nel cielo buio del Golfo Persico, la torre dell’acqua di Vukovar devastata dai colpi di mortaio, i medici che lì operavano nei sotterranei di un ospedale anch’esso devastato. In ognuna di queste situazioni, storie di donne e uomini coraggiosi.
E poi, ancora, gli attentati a Falcone e Borsellino, il genocidio del Ruanda e l’Invictus di Mandela presidente, Mogadiscio, Sarajevo, Gerusalemme, la Cecenia, Bagdad, Cuba, il Word Trade Center. Storie di persone violente e folli, occasioni di coraggio per altre invece straordinarie. Potrei elencare una sfilza di mille altri ricordi e di respiri trattenuti anche negli ultimi anni, anche in questi ultimi giorni, ma lascio a voi il compito di lasciar venire a galla tutti i ricordi associati alla storia del mondo nella quale siamo immersi.
Soltanto credo tre cose, all’inizio di questo tempo forte di Quaresima che stiamo per cominciare:
- so un sacco di cose sulle guerre, ma mi rendo conto che non sono sufficienti a costruire la pace. Potrei elencare tante cose orribili che ho visto e sofferto, da vicino o da lontano. In molti casi non mi hanno reso automaticamente una persona migliore;
- in ognuno di questi episodi, come oggi in Ucraina, in Russia, ma anche in Syria e altre centinaia di posti del mondo brutalizzati dalla violenza, ci sono uomini e donne che attraversano piazze e confini nazionali senza lasciarsi macchiare dalla feroce cattiveria dei contemporanei. Uomini e donne coraggiosi, cioè con un cuore capace di agire, come quella donna che ha appena accompagnato al confine ungherese due ragazzi sconosciuti, che un padre non poteva accompagnare fuori dall’Ucraina incontro alla madre che arrivava dall’Italia.
- Don Bosco è vissuto in un’epoca di sconvolgimenti e guerre senza sparare un colpo: pur essendo accusato di essere un fomentatore per via dei giovani che raccoglieva all’Oratorio di Valdocco, ha saputo coinvolgere nel bene e relazionarsi con tutti, dal Papa al Re, dai carcerati ai ministri del Regno. La sua “politica del Padre Nostro” gli ha permesso di vedere il male che lo circondava, ma di non smarrire la coscienza che in quello stesso contesto lui poteva fare la differenza mettendosi a disposizione di un progetto che il Signore aveva sognato IN lui da ragazzo. Non era solo un coraggioso, era un santo!
“Ritornate a me con tutto il cuore… ritornate al Signore, vostro Dio” (Gl 2,12-13): con queste parole inizia il tempo di preparazione alla Pasqua.
Abbiamo tutti bisogno di una costante conversione del cuore, di ritornare a quei sentimenti che lo rendono umano, di ascoltare la Parola che ci conosce fino in fondo e che può salvare la nostra vita.
Le Ceneri che mercoledì riceviamo come cristiani, iniziando la Quaresima, non sono il residuo della distruzione lasciata dalle interminabili guerre nella storia, ma il segno di un cammino che ci chiede di portare alla mente quanto resta di tutto ciò che non è amore. Chinare la testa all’invito “convertiti e credi al Vangelo” è prender coscienza del fatto che la mia vita non è un tesoro da conservare, ma un dono da offrire, “fino all’ultimo respiro” aggiungerebbe don Bosco.
Solo dove si incontrano persone capaci di questa offerta muore lo spirito di competizione che anima ogni guerra. Le famiglie che si salvano non sono quelle che si chiudono, ma quelle che si aprono al mondo e alle altre famiglie, creando comunità. Abbiamo tutti bisogno di appartenere a queste sane realtà in cui sperimentare la “fraternità universale” che ci ha ultimamente ricordato Papa Francesco.
Queste settimane possano suscitare nei nostri cuori questo desiderio. Buon cammino!
Don Fabio Francesco Mamino – Direttore